San Vito Chietino è un comune italiano di 5 162 abitanti della provincia di Chieti in Abruzzo. Denominato originariamente solo San Vito, adottò nel 1863 l'aggiunta dell'aggettivo Chietino nel nome, riferito alla provincia di appartenenza. La cittadina è una delle principali stazioni balneari della Costa dei Trabocchi.
Territorio
San Vito Chietino è collocata su uno sperone roccioso che raggiunge i 122 m.s.l.m. che si allunga fino al mare, godendo di un paesaggio aperto sull'Adriatico e sul tratto di costa compreso fra Ortona a Vasto, in cui sono visibili alcuni trabocchi, da cui tale litorale prende nome. Verso l'interno sono distinguibili la Maiella, massiccio situato a poche decine di chilometri dal centro abitato e, più in lontananza, il Gran Sasso d'Italia. Confina a settentrione con il comune di Ortona, ad Occidente con i comuni di Frisa, Lanciano e Treglio, a meridione con il comune di Rocca San Giovanni e ad Oriente con il mar Adriatico, dove, a breve distanza da San Vito, ha sbocco il fiume Feltrino. Il comune comprende, oltre al capoluogo comunale (1 797 abitanti nel 2001) numerose località e frazioni fra cui Marina di San Vito (o San Vito Marina, 1 075 abitanti nel 2001), situata sulla costa, e Sant'Apollinare (776 abitanti nel 2001) che si è sviluppata nell'entroterra, in un'area collinare caratterizzata dalla presenza di vigneti e oliveti.
Clima
Il clima, già piuttosto mite per la latitudine, risente dell'influenza del mare che mitiga i rigori invernali e le calure estive. La temperatura media annua è di 14,6 °C con una media invernale di 7,4 °C (il mese più freddo è gennaio con 6,3 °C) e una media estiva di 22,3 °C (il mese più caldo è luglio con 23,3 °C). Le precipitazioni pari a circa 700–750 mm annui di media sono più frequenti nella stagione autunnale e in quella invernale. L'estate non presenta tuttavia la siccità tipica di altre aree dell'Italia centrale e meridionale.
Periodo romano
Le prime notizie sul paese risalgono all'età romana quando già esisteva un porto frentano presso il torrente Feltrino; in epoca imperiale il porto venne utilizzato dai romani per i collegamenti oltre l'Adriatico ma ebbe anche importanza per le navi mercantili. Di quel periodo rimane parte del vecchio porto di località Murata Bassa, vicino all'attuale lungomare di Gualdo di San Vito Marina. Il borgo, invece, non aveva perduto la propria popolazione, come ci è testimoniato da una chiesa in onore di San Vito Martire di epoca paleocristiana.
Età Medievale
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente San Vito seguì le sorti dell'area di appartenenza: fu occupata prima dai Goti (V - VI secolo), poi, dai bizantini (VI secolo) e dai longobardi (a partire dalla seconda metà del VI secolo), che fondarono il ducato di Spoleto, cui la località appartenne fino alla conquista normanna avvenuta nell'XI secolo. In quest'ultimo periodo il litorale visse un periodo di declino, il porto venne abbandonato e si ricoprì di pietre e detriti fluviali. In età alto medievale venne edificato un castello detto "Castellalto" di cui non si hanno notizie precedenti l'anno 1000. Nei secoli successivi san Vito e l'intero Abruzzo divennero parti integranti prima del Regno di Sicilia, poi del Regno di Napoli. In epoca angioina, un documento redatto nel 1385 attesta che la proprietà del porto di Gualdum (come ancora veniva denominato all'epoca), spettava all'Abbazia di San Giovanni in Venere.
Nel XIV secolo gli abitanti del feudo di Sanctum Vitum si schierarono dalla parte del papa Urbano VI e il castello venne depredato dai gregari dell'antipapa Clemente VII comandati da Ugone degli Orsini. L'abate di San Giovanni in Venere (Fossacesia) chiese allora aiuto a Anxanum (l'odierna Lanciano) che però, dopo aver inviato un esercito che disperse gli assalitori, riuscì a volgere la situazione a proprio vantaggio facendosi dare in enfiteusi perpetua il feudo dall'abbazia di San Giovanni in Venere, mediante il pagamento di un canone di sessanta carlini d'argento. Il comune di Lanciano, in seguito, vedendo la floridezza economica raggiunta dal porto di San Vito, decise di conquistarlo. Gli abitanti della città marittima commerciale di Ortona iniziarono allora a preoccuparsi, e, temendo di perdere la propria supremazia marittima in zona, spinsero Ladislao, all'epoca sovrano del Regno di Napoli, a far revocare l'autorizzazione concessa a Lanciano di ristrutturare il porto. In tal modo però, si aprì un lungo periodo di lotte tra Lanciano ed Ortona. Nel 1427 San Giovanni da Capestrano riportò una pace provvisoria fra le due città stabilendo il confeudo del paese. Con la morte di Ladislao e con le conseguenti lotte per la sua successione, Lanciano ne approfittò per ristrutturare il porto, entrando così in guerra aperta con Ortona, che assoldò un pirata incaricato di demolire le strutture portuali di San Vito. Costui ne approfittò per depredare l'abitato e instaurare nella contrada un clima di terrore. Lanciano tuttavia riuscì a conservare il feudo di San Vito. Durante il periodo aragonese (1442-1501), il porto di San Vito venne usato per le fiere di Lanciano e il commercio marittimo.[9] Il documento che attesta il periodo di pace tra Lanciano ed Ortona si trova ora presso la Biblioteca comunale di Lanciano.
Età moderna e contemporanea
Con la decadenza delle fiere lancianesi, anche il porto di San Vito decadde nuovamente, e Lanciano decise di vendere il porto col relativo feudo di San Vito Chietino a un certo Sancho Lopez nel 1528. Negli anni seguenti il feudo passò di signoria in signoria: tra cui i Caracciolo, famiglia cui apparteneva Ferdinando Caracciolo, duca di Castel di Sangro, ultimo feudatario di San Vito. Durante il Regno delle Due Sicilie San Vito, costituitosi in comune, divenne sede dell'omonimo Circondario, pur continuando ad appartenere al Distretto di Lanciano. Durante il Risorgimento si distinse nella lotta anti-borbonica. Nel 1863 la città assunse legalmente la denominazione con la quale è oggi conosciuta mediante l'aggiunta al toponimo di San Vito, dell'attributo Chietino, in riferimento alla propria provincia di appartenenza. Nel 1889 in un casolare conosciuto oggi come Eremo dannunziano soggiornò per alcuni mesi Gabriele D'Annunzio
Il 3 febbraio 1916, durante la prima guerra mondiale, una squadra austro-ungarica formata dall'incrociatore corazzato SMS Sankt Georg, da tre cacciatorpediniere e due torpediniere, bombardò Ortona e San Vito Chietino; l'azione distruttiva venne fortunosamente interrotta dall'intervento di un treno armato della Regia Marina munito di pezzi da 152/40 che con la sua controbatteria costrinse le navi ad interrompere l'azione; una lapide posta nell'area della ex stazione ferroviaria ricorda l'avvenimento.
Durante il secondo conflitto mondiale la cittadina subì danni di notevole entità a causa dei bombardamenti aerei e terrestri di cui fu vittima, tanto da venire inserita fra i 35 comuni abruzzesi "sinistrati dalla guerra" (di cui 21 nella sola Provincia di Chieti) e pertanto tenuti a dotarsi di un piano di ricostruzione. La vicinanza alla Linea Gustav e il coinvolgimento della cittadina, seppure in forma marginale, nella battaglia di Ortona (dicembre 1943), che, nella sua fase culminante, fu combattuta a meno di 10 chilometri di distanza in linea d'aria da San Vito, possono, in gran parte, spiegare le distruzioni materiali e le perdite umane che si produssero. Alcuni edifici storici, fra cui il Castello medievale, riportarono danni considerevoli, mentre una torre medievale, situata in Marina di San Vito, venne interamente rasa al suolo.
A partire dagli anni sessanta e settanta la frazione di San Vito Marina si è notevolmente sviluppata sia in virtù del turismo, sia grazie alle comunicazioni autostradali che in quegli anni ebbero la priorità sui trasporti su strada e ferroviari. Nel 1969 entrò in funzione la tratta autostradale Pescara - Vasto, con una uscita, quella di Lanciano, situata a soli 4 km di distanza da San Vito Chietino. Nel 1973 fu aperto l'intero tratto Bologna-Bari e nel 1975 l'autostrada fu completata fino a Taranto. Per quanto riguarda le comunicazioni ferroviarie, è stata aperta al pubblico, in età più recente, la nuova Ferrovia Sangritana (2005), con collegamento Pescara-Ortona-Lanciano-Vasto.
I Trabocchi
I trabocchi furono inventati nel XVIII secolo da famiglie ebree di pescatori, sulla costa di San Vito. Il trabocco più antico è infatti quello di Punta Turchino, descritto anche da D'Annunzio in uno dei suoi più celebri romanzi, Il trionfo della morte (1894), ma già citato in lettere a Barbara Leoni sua amante nel 1889, e ricostruito nel 2016 in seguito alla distruzione avvenuta due anni prima a causa di una violenta mareggiata. Successive costruzioni si ebbero anche in Puglia (Vieste e Peschici). Oggi i trabocchi sono stati ricostruiti ed ampliati rispetto ai precedenti originali, ma non sono più funzionali al loro scopo precipuo, ovvero quello della pesca.
Diversamente non potrebbe essere, anche perché, nonostante gli importanti interventi di raccolta delle aste fognarie effettuati dai comuni del bacino imbrifero fin dagli anni sessanta, il funzionamento non sempre a pieno regime degli impianti di depurazione che sussiste ancor oggi ha permesso in varie occasioni l'accumulo di una certa quantità di agenti inquinanti nel torrente Feltrino che sfocia nei pressi del molo, rendendo non sempre commestibile l'eventuale ittiofauna pescata.
Fonte: Regione Abruzzo Servizio Sviluppo del Turismo